Coro Polifonica Friulana Jacopo Tomadini
di Marco Rossi (1960-2018) e Sandro Bergamo
POLIFONICA FRIULANA JACOPO TOMADINI A. P. S. - c/o Studio Galante Via O. Manfrin 18/c - 33078 San Vito al Tagliamento (Pn) - Friuli Venezia Giulia - Italia
Codice Fiscale: 80011110931 - Partita I.V.A.: 01281790939
Te Deum, inno di lode e di ringraziamento in onore della SS. Trinità che inizia con le parole latine Te Deum laudamus. (Per estens. Manifestazione di esultanza per un successo, per uno scampato pericolo: Se ti va bene, puoi cantare il Te Deum.). Il Te Deum fu probabilmente scritto da Niceta, vescovo di Remesiana. Non ha quindi valore la bella leggenda della composizione da parte dei santi Ambrogio e Agostino dopo il battesimo di quest'ultimo. Il testo originario ha subito nel tempo alcune varianti. Si tratta di un inno in versetti che si canta normalmente nell'ufficio notturno, dopo l'ultima lezione del mattutino, e, occasionalmente, in altre funzioni liturgiche come canto di ringraziamento per un beneficio ricevuto da una persona o da una comunità. Durante il canto del Te Deum si sta in piedi, salvo che al verso Te ergo quaesumus...; al quale ci si inginocchia.
Il Te Deum appartiene al genere “innodico”, è una espressione che eleva lodi e ringraziamenti al Signore attraverso un particolare lirismo.
L’inno aumenta la sua importanza con il sostegno musicale, la musica non è quindi semplicemente supporto della parola, ma diventa fase espressiva e descrittiva del testo nella sua globalità.
Generalmente gli inni sono in forma metrica e strofica, il Te Deum è invece liberamente versificato, di origini arcaiche e di ispirazione salmica.
1. Te Deum laudamus, Te Dominum confitemur.
2. Te aeternum Patrem omnis terra veneremur.
3. Tibi omnes Angeli, tibi coeli et universae potestates,
4. Tibi Cherubim et Seraphim incessabili voce proclamant:
5. Sanctus.
6. Sanctus.
7. Sanctus Dominus Deus Sabaoth.
8. Pleni sunt coeli et terra majestatis gloriae tuae.
9. Te gloriosus Apostolorum chorus;
10. Te Prophetarum laudabilis numerus;
11. Te Martyrum candidatus laudat exercitus;
12. Te per orbem terrarum sancta confitetur Ecclesia,
13. Patrem immensae majestatis,
14. Venerandum tuum verum et unicum Filium
15. Sanctum quoque Paracletum Spiritum.
16. Tu rex gloriae, Christe.
17. Tu patris sempiternus es Filius.
18. Tu ad liberandum suscepturus hominem, non horruisti Virginis uterum.
19. Tu, devicto mortis aculeo, aperuisti credentibus regna coelorum.
20. Tu ad dexteram Dei sedes in gloria Patris.
21. Judex crederis esse venturus.
22. Te ergo, quaesumus, famulis tuis subveni, quos praetioso sanguine redemisti.
23. Aeterna fac cum Sanctis tuis gloria munerari.
24. Salvum fac populum tuum, Domine; et benedic haereditati tuae.
25. Et rege eos, et extolle illos usque in aeternum.
26. Per singulos dies benedicimus te,
27. Et laudamus nomen tuum in aeternum et in saeculum saeculi.
28. Dignare, Domine, die isto sine peccatis nos custodire.
29. Miserere nostri, Domine, miserere nostri.
30. Fiat, Domine, misericordia tua super nos, quemadmodum speravimus in te.
31. In te, Domine, speravi: non confundar in aeternum
E' tratto da una edizione del 1600 e prevede un organico corale a quattro voci (cantus, altus, tenor e bassus) a cappella.
L’esecuzione segue la logica dell’alternatim, Victoria si limita alla proposta dei versetti pari, mentre per i dispari si ricorre alla versione gregoriana.
L’effetto è notevole, ai melismi ed ai vocalizzi della monodia gregoriana rispondono le sezioni polifoniche a quattro voci ove predomina la struttura omoritmica e omofonica del corale dal carattere deciso.
Se la struttura accordale è ben delineata e costante, l’andamento del testo viene esaltato da un attento gioco ritmico, nella differenziazione delle parole testuali: ritardi ed aumentazioni in Sanctus ed in Tu Rex Gloriae. Ritmi puntati e spiccatamente più brillanti e scorrevoli ove il testo prevede una maggiore concitazione, incessabili voce, majestatis gloriae, Confitetur Ecclesia.
Il tutto calibrato in una costruzione di microstrutture ove regna sovrano un incredibile equilibrio tra accordi e concisione testuale.
Quest'opera mozartiana appartiene al periodo giovanile del compositore salisburghese, il coro misto a quattro voci (soprano, contralto, tenore e basso) è accompagnato da un organico orchestrale composto da:
- 4 trombe in do (originariamente 2 clarini e 2 trombe)
- violini primi e secondi
- violoncello (fagotto)
- organo (per la realizzazione del basso continuo)
- timpani
L’opera è stata eseguita a Salisburgo verso la fine del 1769. Si tratta di una pagina “sfavillante e commovente, basata su uno spunto tematico di stampo galante ripetuto periodicamente, quasi un motivo di rondò, nel corso di un saggio di scrittura corale prevalentemente omofonica, salvo lo scenografico sfoggio contrappuntistico – un contrappunto risolto ben presto in un edonistico intreccio di consonanze parallele – del conclusivo In te Domine speravi. Il vivace chiaroscuro modulante s’apre alla più attenta auscultazione espressiva del testo innodico, che culmina nel breve Adagio dai toni raccolti e supplichevoli su Te ergo quaesumus, tuis famulis subveni, quos pretioso sanguine redemisti: per tradurre tutto ciò in accenti musicali adeguati, nel più rigoroso rispetto del messaggio religioso delle sacre parole e della loro fungibilità liturgica, non c’era alcuna necessità di stile sodo alla Palestrina: bastava quello che era a portata di mano in ogni cappella della Bassa Austria, corroborato dall’apporto del moderno linguaggio sonatistico e sinfonico”. Con queste parole Giovanni Carli Ballola illustra chiaramente la composizione mozartiana, risalente al periodo che precede di poco il viaggio in Italia del compositore di Salisburgo ed il suo incontro con l’Accademia Filarmonica di Bologna ed il celebre didatta Padre Giovanni Battista Martini.
Il brano prevede una massa corale articolata in tre gruppi, che si alternano nelle esecuzioni fino al conclusivo pedale tenuto da alcune sezioni. Alle voci sono associati alcuni timbri strumentali, dagli archi più tradizionali al pianoforte, ad un nastro magnetico che funge da “pedale” armonico contrapponendo in alternanza due suoni “elettronici” costanti.
La composizione di Pärt può essere macroscopicamente divisa in 4 sezioni, nella prima un pedale sonoro in pianissimo introduce il verso iniziale Te Deum laudamus ove le voci maschili dal timbro scuro intonano una melodia dal richiamo gregoriano, la risposta è corale con slanci e maggiori aperture solari e luminose. Alcuni inserti orchestrali portano ai melismi all’unisono di tibi cherubim mentre il climax raggiunge l’apice con il fortissimo in Pleni sunt caeli et terra.
La seconda parte (Te gloriosus Apostolorum) procede nell’alternanza tra soli, tutti, stacchi degli archi, coro accompagnato dagli strumenti, sempre presente la lectio gregoriana, particolarmente fascinoso il te martyrum a cappella, celestiale ed intenso il Sanctum quoque Paraclitum Spiritum.
Con Tu rex gloriae si apre una sezione poderosa e decisa, quasi impetuosa in una incredibile ricchezza di polifonia vocale e di colori strumentali. Con la quarta sezione, da Te ergo quaesumus, si arriva alla conclusione, con un richiamo ai moduli iniziali, un momento di slancio si ascolta nel Salvum fac, ricco e intenso il fiat misericordia, con un ostinato in ribattuta degli archi ed il consueto pedale di fondo. Gli ultimi versi creano una vera e propria coda, In Te, Domine, speravi un vocalizzo gregoriano delle voci femminili che porta alle cadenze dell’Amen ed alle ripetizioni di Sanctus in un gioco di proposte all’infinito.